Da dove viene il senso estetico giapponese?
È risaputo che i giapponesi hanno uno spiccato senso estetico. Questo è visibile in ogni cosa, dall'architettura all'abbigliamento, dal cibo all'arte. Ma ciò che è meno noto è da dove provenga questo senso estetico.
Il senso estetico del Giappone, riflesso in particolare nell'architettura, nel design e in un'industria della moda che ha conquistato il mondo intero, l'unica in Asia, è molto profondamente influenzato dal ramo del buddismo Zen importato dalla Cina alla fine del XIIe secolo. Al di là della dimensione religiosa e spirituale, avendo come obiettivo il raggiungimento dello stato di illuminazione attraverso la concentrazione sul momento presente, il distacco e la meditazione, lo Zen ha influenzato profondamente l'estetica giapponese. I templi Zen sono caratterizzati dalla loro semplicità e semplicità. La calligrafia pulita può servire come supporto per la meditazione.
I concetti di wabi (ok) E sabi (寂び), che designano la bellezza delle cose logore, imperfette, impermanenti, come il muschio sul tetto di un tempio dal tetto di paglia, un muro di pannocchia non verniciato o la forma rimasta naturale e non lavorata di un pilastro, derivano direttamente da cultura giapponese Zen e costituiscono ancora oggi importanti valori estetici nella creazione contemporanea. Allo stesso modo la nozione di vuoto che troviamo nella pittura, ispirata alla pittura taoista cinese, e nell'architettura.
Il concetto di iki (粋), apparso durante la dinastia Edo, completa questo raffinato senso estetico proveniente dallo Zen. A volte tradotto come “raffinatezza” o “classe”, iki vuole essere un atteggiamento anticonformista, contrario alla tradizionale moralità confuciana, e un'estetica improntata alla discrezione e all'originalità. L'iki si esprime nell'assenza di finiture visibili o nella sottigliezza dei colori e dei motivi presenti nei tessuti e nella creazione della moda contemporanea.
Tuttavia, se questo senso estetico è ancora molto presente nel Giappone di oggi, ed è parte integrante del potere di seduzione dell'arcipelago, non rappresenta tutto il Giappone. Già nell'era Edo, l'estetica iki era anche una risposta alle regole suntuarie imposte dallo shogunato ai mercanti, che non potevano indossare tessuti preziosi o colori brillanti. Fin dai periodi più antichi, la cultura popolare, quella delle campagne o della città bassa di Edo, si esprimeva in pratiche molto meno raffinate che ritroviamo nelle feste di paese e di quartiere, nelle danze, nei giochi e nelle maschere che le accompagnano.
Infine, nonostante la valorizzazione dell’estetica e della semplicità Zen, queste pratiche non sono quelle della vita quotidiana in Giappone. Al contrario, l’emergere di una società di iperconsumo e accumulazione, soprattutto a partire dalla fine degli anni ’1960, ha portato a interni disordinati e alla comparsa di nuovi guru incaricati di imparare a svuotarsi per ritrovare una purezza originaria che probabilmente non è mai esistita.1.
1. Una delle personalità più conosciute all'estero, che ne ha fatto una vera e propria industria d'esportazione, è Marie Kondo.