Dopo Fukushima, l’energia nucleare avrà un futuro in Giappone?

Dopo Fukushima, l’energia nucleare avrà un futuro in Giappone?

Quando la centrale nucleare di Fukushima Daiichi subì un crollo nel 2011, molte persone in Giappone si chiesero se l’energia nucleare fosse sicura. In seguito al disastro, tutti i reattori nucleari del Giappone furono messi fuori servizio e da allora non sono più stati riavviati. Oggi, con l’aumento delle fonti energetiche rinnovabili come il solare e l’eolico, alcuni si chiedono se sia giunto il momento di riportare in uso l’energia nucleare. Altri sostengono che l’energia rinnovabile è più che in grado di soddisfare il fabbisogno energetico del Giappone e che l’energia nucleare non dovrebbe essere rimessa sul tavolo.

Nel 2010, l’energia nucleare rappresentava l’11,2% dell’energia totale consumata in Giappone, nel 0,8 rappresentava solo lo 2016% e l’1,7% della produzione di elettricità. Il disastro nucleare di Fukushima, e ancor più la sua gestione da parte della società Tepco e delle autorità successive tsunami del 2011, ha di fatto messo definitivamente in discussione la fiducia nell’energia nucleare in Giappone, con ricadute anche oltre l’arcipelago.

I dati pubblicati dalle autorità sono rassicuranti. Nel 2017, il tasso di radioattività marittima vicino alla centrale era di soli 0,7 Bq/litro. Nella prefettura, oltre un raggio di 20 chilometri, vengono gradualmente allentate le restrizioni alla residenza e vengono annunciati progetti di rilancio, basati sulla ricerca sul trattamento delle scorie nucleari e sulle nuove energie. Ma solo nel 2017 è stato previsto un terzo piano per lo smaltimento dei rifiuti e lo smantellamento dei reattori per un orizzonte superiore ai venti-trent’anni, e le conseguenze del disastro sono ancora presenti. L’annuncio nel 2019, da parte di Tepco, del possibile rilascio nell’oceano di liquidi stoccati in serbatoi sottodimensionati suscita nuove polemiche.

Per il governo, però, la priorità resta – attraverso l’adozione di nuove e più severe norme di sicurezza – garantire la sicurezza energetica del Paese, la sua efficienza economico e tenendo conto dei vincoli ambientali. In questo contesto, per le autorità, l’energia nucleare resta essenziale per garantire la stabilità degli approvvigionamenti energetici, ridurre i costi dell’elettricità e limitare i gas serra. Le energie rinnovabili, allo stato attuale della ricerca in Giappone, si trovano ad affrontare la questione irrisolta della stabilità e dello stoccaggio.

Per Tokyo, entro il 2030, l’energia nucleare dovrebbe rappresentare il 20% del mix energetico, le energie rinnovabili, compresa l’idraulica, il 22%, il gas naturale, il 27%, il carbone, il 26% e il petrolio, il 3%. Nel 2013 sono state adottate nuove norme di sicurezza che prevedono il rafforzamento delle norme esistenti, soprattutto in termini di tsunami, ma anche nuove misure mai previste per limitare la diffusione di materiali radioattivi, il guasto dei reattori nucleari e la distruzione dei noccioli dei reattori.

Nonostante queste misure, a sette anni dal disastro di Fukushima, solo cinque reattori su cinquantaquattro erano attivi, quattordici hanno ricevuto l'autorizzazione all'apertura o sono in attesa, ma diciannove non sono soggetti a richiesta di autorizzazione e sei devono essere smantellati. Ogni nuovo progetto di riabilitazione è oggetto di forte opposizione – anche se i benefici finanziari vengono presi in considerazione dalle autorità locali – rendendo meno probabili le ambizioni nucleari delle autorità.