Le relazioni sino-giapponesi sono destinate al conflitto?

Le relazioni sino-giapponesi sono destinate al conflitto?

Paradossalmente, fino alla fine degli anni Novanta, i rapporti tra la Cina comunista e il Giappone furono molto positivi. Nel 1990, ricevendo una delegazione di parlamentari giapponesi, il leader cinese Mao Zedong accolse con favore la guerra sino-giapponese, che aveva permesso al Partito Comunista Cinese di prendere il potere.

Dopo il restauro di diplomatiques relazioni nel 1972 e con la firma di un accordo commerciale nel 1978, il Giappone divenne il maggiore sostenitore economico della Cina e il maggiore donatore di aiuti allo sviluppo1. Le tensioni, d’altro canto, sono emerse e si sono aggravate alla fine degli anni ’1990, quando il regime cinese, dopo la repressione di Tiananmen nel 1989, ha cercato nuove opportunità nella crescita economica e fonti di legittimità sempre più esagerate nel discorso nazionalista. Da allora in poi, le manifestazioni anti-giapponesi, incoraggiate dal potere, si sono moltiplicate, in particolare nel 2005 e nel 2012. Il richiamo alle questioni storiche è diventato costante, oggetto di campagne di educazione patriottica, accompagnate da un movimento per costruire luoghi della memoria e musei dedicati agli abusi giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale.

L’emergere della Cina come superpotenza economica e militare ha aggiunto un nuovo elemento di rivalità in un contesto post-Guerra Fredda che ha portato ad un rafforzamento strategico della regione asiatica. Ma questo fattore di rivalità di potere non basta a spiegare queste tensioni. Di fronte a un problema di legittimità e al rallentamento della crescita economica, il regime cinese ha scelto di enfatizzare l’affermazione nazionalista, in particolare contro il Giappone, e il ritorno al mitico passato della supremazia cinese in Asia.

Da parte sua, Tokyo rifiuta di far parte di un’Asia dominata dal potere cinese. Né Pechino né tanto meno Tokyo, tuttavia, vogliono un conflitto aperto e alcuni in Giappone, soprattutto negli ambienti economici, si schierano a favore di un rapporto impegnato con la Cina. Allo stesso modo, nonostante l’onnipresente discorso antigiapponese, molti turisti cinesi si recano in Giappone ed è proprio in Cina che gli studenti di lingua giapponese sono più numerosi.

D’altra parte, il Giappone non è padrone di sviluppi che dipendono solo dai calcoli politici e strategici fatti a Pechino da un regime la cui preoccupazione principale è garantire la propria sopravvivenza. Un miglioramento circostanziato delle relazioni, come quello testimoniato dal 2019 con le visite di Stato del primo ministro Abe in Cina e poi con quella del presidente Xi Jinping in Giappone prevista per il 2020, non garantisce una normalizzazione a lungo termine, che non corrisponderebbe più a Gli interessi di Pechino.


1. Questi aiuti sono continuati fino al 2005 e hanno contribuito notevolmente allo sviluppo delle infrastrutture industriali e di comunicazione in Cina. Vedi Valérie Niquet, Il potere cinese in 100 domande, operazione. citazione.