Come si sviluppò il militarismo giapponese negli anni ’1930?

Come si sviluppò il militarismo giapponese negli anni ’1930?

Il militarismo è la convinzione che un esercito forte sia essenziale per la sicurezza nazionale. Una nazione militarista è quella che attribuisce un’alta priorità alla potenza e alla preparazione militare e generalmente adotta una politica estera aggressiva. Dopo la morte dell'imperatore Meiji nel 1912, ilstoria del Giappone vide gradualmente l’emergere di un periodo di relativa democratizzazione con l’era Taishô.

Nel 1925 fu introdotto il diritto di voto universale per gli uomini di età superiore ai venticinque anni e il peso della Dieta (Parlamento) e dei partiti politici nella vita pubblica fu rafforzato, soprattutto a causa della debole personalità del nuovo imperatore. La democrazia Taishô ha visto fiorire comportamenti anche nelle grandi città, in particolare tra le “donne moderne” (môga o ragazze moderne), abitudini di consumo, nuovi piaceri importati dall'Occidente come il cinema o il jazz, che si riflettono in movimenti letterari molto influenti e nella proliferazione delle riviste.

Allo stesso tempo, dopo il dinamismo dell’era Meiji, il Giappone fu colpito da grandi crisi economiche, che colpirono particolarmente un mondo contadino che ingrossava le fila di un miserabile proletariato urbano. La velocità dei cambiamenti sociali suscita anche opposizioni in nome dei valori del Giappone tradizionale.

Come in Europa anche in Italia, in Germania contro la Repubblica di Weimar, ma anche in Francia con le Leghe, l'antiparlamentarismo si esprime con la violenza, in un susseguirsi di omicidi politici in nome della lotta contro un sistema politico corrotto. È in questo contesto che si rafforza il peso dei militari attorno al nuovo imperatore Hiro-Hito (Showa) che succede al padre nel 1926 dopo diversi anni di reggenza.

A partire dagli anni '1930, l'esercito impone le sue decisioni, soprattutto in Manciuria, dove una serie di incidenti, tra cui quello di Mukden nel 1931, “giustificano” la creazione di uno Stato fantoccio, il Manchukuo, con a capo l'ultimo imperatore cinese, Puyi . In nome di un’ideologia di “unione delle cinque razze” attuata nel Manciukuo e di una strategia di sviluppo economico pianificata in Corea e Manciuria, il Giappone militarista giustificherà poi il suo desiderio di espansione in Asia come al servizio di una “sfera di co-prosperità” contro le potenze coloniali occidentali.

Fino al 1945, senza mai abolire il sistema parlamentare, si affermò il potere militare, controllò i partiti politici, attuò una dura repressione politica e trascinò progressivamente il Paese verso la guerra con l'incidente del ponte Marco Polo tra le forze giapponesi presenti in Manciuria e una guarnigione cinese nelle periferie di Pechino e l’invasione della Cina nel 1937.